
01/02/2023
Lavoro
Ivrea: su Ray Play lo sceneggiato che racconta la vita imprenditoriale di Adriano Olivetti
Ivrea
/Ivrea: su Ray Play lo sceneggiato che racconta la vita imprenditoriale di Adriano Olivetti
E’ possibile rivedere su Ray Play le due puntate dello sceneggiato televisivo “Adriano Olivetti-La forza di un sogno” dedicato alla indimenticabile figura di Adriano Olivetti, interpretata per l’occasione da Luca Zingaretti. Suddiviso in due puntate lo sceneggiato ripercorre le principali tappe di vita e dell’attività imprenditoriale e politica dell’uomo che fece dell’Olivetti una realtà industriale all’avanguardia a livello mondiale, prima con le macchine per scrivere e poi nel comparto informatico. Ivrea non ha dimenticato il suo ex sindaco, l’uomo che ne ha fatto la capitale industriale del Canavese e del Piemonte. Zingaretti entra nel personaggio fornendogli il giusto spessore, anche se forse, un qualche approfondimento in più, non sarebbe guastato.
Adriano Olivetti nacque sulla collina di Monte Navale, nelle vicinanze di Ivrea, l’11 aprile del 1901, da Camillo, ebreo, e Luisa Revel, valdese. Non ricevette alcuna educazione religiosa (anche se era riuscito a procurarsi un certificato di battesimo valdese per sfuggire alle leggi razziali fasciste del 1938); solo nella maturità, in vista del secondo matrimonio, si convertì al cattolicesimo.
Dopo essersi diplomato presso la sezione fisico-matematica dell’Istituto tecnico di Cuneo, nell’aprile del 1918 si arruola volontario nel 4º reggimento Alpini. Terminato il servizio militare si iscrive al Politecnico di Torino e inizia a partecipare in maniera attiva al dibattito sociale e politico, collaborando alle riviste “L’azione riformista” e “Tempi Nuovi” di cui il padre è rispettivamente l’editore e il principale finanziatore, ed entrando in contatto con Piero Gobetti e Carlo Rosselli.
Adriano Olivetti riuscì a creare nel secondo dopoguerra italiano un’esperienza di fabbrica nuova e unica al mondo in un periodo storico in cui si fronteggiavano due grandi potenze: capitalismo e comunismo. E credeva che fosse possibile creare un equilibrio tra solidarietà sociale e profitto, tanto che l’organizzazione del lavoro comprendeva un’idea di felicità collettiva che generava efficienza. Gli operai vivevano in condizioni migliori rispetto alle altre grandi fabbriche italiane: ricevevano salari più alti, vi erano asili e abitazioni vicino alla fabbrica che rispettavano la bellezza dell’ambiente, i dipendenti godevano di convenzioni.
Anche all’interno della fabbrica l’ambiente era diverso: durante le pause i dipendenti potevano servirsi delle biblioteche, ascoltare concerti, seguire dibattiti, e non c’era una divisione netta tra ingegneri e operai, in modo che conoscenze e competenze fossero alla portata di tutti. E non è tutto: l’azienda accoglieva anche artisti, scrittori, disegnatori e poeti, poiché l’imprenditore Adriano Olivetti riteneva che la fabbrica non avesse bisogno solo di tecnici ma anche di persone in grado di arricchire il lavoro con creatività e sensibilità. Lo storico e filosofo della politica Danilo Campanella traccia una relazione tra personalismo e olivettismo, postulando che Olivetti fu un personalista economico, come Aldo Moro lo fu in politica. Per Campanella, Adriano Olivetti è stato il prosecutore della filosofia economica di Toniolo, immettendola però nel panorama imprenditoriale.
Adriano Olivetti credeva nell’idea di comunità, unica via da seguire per superare la divisione tra industria e agricoltura, ma soprattutto tra produzione e cultura. L’idea, infatti, era quella di creare una fondazione composta da diverse forze vive della comunità: azionisti, enti pubblici, università e rappresentanze dei lavoratori, in modo da eliminare le differenze economiche, ideologiche e politiche. Il suo sogno era di riuscire ad ampliare il progetto a livello nazionale, in modo che quello della comunità fosse il fine ultimo. Adriano Olivetti morì il 27 febbraio 1960.
La prima puntata inizia quando Adriano Olivetti entra a dodici anni come apprendista nell’azienda di macchine per scrivere del padre Camillo. Trent’anni dopo l’uomo assume la direzione della fabbrica prendendo decisioni, spesso in contrasto con il pensiero paterno, che dimostrano la sua partecipazione e il suo interesse. Il fascismo e la guerra, però, mettono tutta la sua famiglia, di origine ebrea, in grosso pericolo.
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