03/10/2015

Economia

Sparone, si addensano nere nubi sul futuro dei dipendenti dell’ex Ims

Sparone Canavese

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La denuncia dei sindacati sottolinea una situazione occupazionale drammatica: la Mdt di Sparone (ex Ims) che occupa oltre duecento dipendenti in Valle Orco sta trasferendo personale. La cosa preoccupa non poco lavoratori e sindacati che, dopo il salvataggio dell’ex Ims confidavano in un rilancio o quantomeno nel mantenimento dell’attuale livello occupazionale.

Ad esprimere sconcerto e perplessità è Fabrizio Bellino, responsabile della Fiom del Canavese: l’assenza di un piano industriale credibile che riguardi lo stabilimento di Sparone e il continuo trasferimento di personale in altri stabilimenti del gruppo Mdt, evoca scenari foschi. Bellino fa riferimenti ai dati: 28 operai, la scorsa estate, sono già stati interessati dalla mobilità e, ad altri 22, l’azienda ha chiesto alcuni giorni fa la disponibilità al trasferimento nello stabilimento di Druento. I giorni difficili non sembrano essersi esauriti con l’acquisizione e si  già sparsa la voce, allarmante, del ricorso ad un’altra procedura di mobilità. Fabrizio Bellino non nasconde di nutrire più di un dubbio sulle intenzioni della proprietà.

La vicenda non è delle più semplici. Ecco qualche dato di fatto: la Mdt è una società umbra che fa parte del gruppo romano Tiberina. La Mdt ha affittato lo stabilimento di Sparone e non si esclude l’ipotesi che l’azienda, che opera nel delicato settore dell’automotive e che può contare su clienti di prestigio come Maserati e Iveco, possa dirottare la produzione su altri stabilimenti che appartengono al gruppo industriale.

Comunque stiano le cose, La Fiom non ha intenzione di starsene con le mani in mano. Il funzionario preannuncia il coinvolgimento di tutti gli enti locali del territorio e della Regione, la richiesta all’azienda di un incontro urgente per discutere del piano industriale che nessuno ha ancora visto, è l’intenzione di fare in modo che il territorio “faccia squadra”, come si usa dire adesso. Il nocciolo del problema è costituito dal fatto che la maggior parte dei dipendenti risiedono nella bassa Valle Orco. A giudizio di Bellino, eventuali ripercussioni sulla situazione occupazionale creerebbe un vero e proprio dramma in un territorio già duramente colpito, nel recente passato, dalla crisi economica.

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