06/07/2015

Cultura

Il Canavese è la nuova capitale della musica alternativa

Rivarolo Canavese

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“La musica? Appartiene al tuo stile di vita, ti accompagna nei momenti salienti, ti fa incontrare gente, ti dà la carica o ti toglie la tensione, ti fa esprimere e comunicare con il pubblico”.

Parola di Daniele, 37 anni, funzionario commerciale di una nota azienda canavesana. Per lavoro gira il mondo, ma nel tempo libero toglie giacca e cravatta, indossa un paio di jeans e una maglietta e via, pronto a esibirsi in un concerto in giro per l’Italia.

Ettore, 27 anni, fa il volontario per conto del comune di Torino: si occupa di ragazzi disagiati: li segue, trova loro opportunità di praticare attività, di sentirsi diversamente normali. E sono tutti giovanissimi che hanno problemi mentali o fisici. Ha scoperto la musica quasi per caso e quasi per caso è entrato nella band “Fanali di Scorta” che si è esibita sabato scorso a Rivarolo al Keyco Music Festival organizzato dall’omonima società che ha sede a Favria.

L’incontro tra Daniele e Ettore ha avuto luogo qualche anno fa. I Fanali di Scorta prediligono il genere Freak&Roll. Daniele cercava un percussionista; per pura combinazione sente Ettore alla batteria e decide che fa al caso suo. Si sono esibiti tanti giovani alla manifestazione musicale ideata dall’imprenditore Fabrizio Rosboch, giunta alla seconda edizione.

Sono tempi duri anche per la musica: la crisi economica mette il pubblico di fronte a una scelta: “Spesso la gente sceglie di spendere i soldi per andare a sentire i grandi nomi. Un tempo non era così: anche lo stile e il repertorio che vengono considerati di nicchia avevano un seguito numeroso”. “Il limite di reddito causato dal crisi economica penalizza non poco i concerti delle band – sottolinea Ettore -. Partecipiamo a tanti concerti e festival, ma ci siamo resi conto che il pubblico è diminuito nonostante il prezzo d’ingresso sia più che accessibile”.

In ogni caso il Canavese sta diventando un polo alternativo a Torino per quanto riguarda la musica di genere. Una migrazione che impoverisce il panorama culturale torinese e arricchisce quello periferico. Spiega Daniele: “Ormai il genere musicale è omologato: i big suonano e cantano allo stesso modo. Noi abbiamo scelto, pur tra mille difficoltà, di seguire la nostra strada. E’ indubbiamente una scelta che ci procura molte più soddisfazioni personali”.

 

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