
Diecimila visitatori nel 2014 in più rispetto al biennio precedente. Elisa di Rivombrosa, l’umile popolana capace di stregare il cuore del conte Fabrizio Ristori, l’arrogante nobile che impara ad amare al di là del ceto sociale, è tornata a portare fortuna ad Agliè.
Dopo il lento e graduale decremento delle visite, dovuto anche a trascorrere del tempo (sono passati dieci anni da quando la regista Cinzia TH Torrini aveva reso famoso il castello di Agliè, ambientando nella famosa residenza sabauda l’appassionante storia d’amore), da due anni a questa parte italiani e stranieri sono tornati ad affollare le fastose sale dove è stato ambientato lo sceneggiato. Un incremento che si è tradotto in una positiva ricaduta economica per il piccolo indotto alladiese costituito da botteghe, dagli alberghi e dai ristoranti.
Qualche numero per dare un’idea della ripresa turistica, forniti dal Ministero dei Beni Culturali: nel 2014 il castello ducale alladiese è stato visitato da 69 mila 929 turisti contro i 59 mila 704 del 2013. Ancora qualche significativo particolare: nel 2014 i visitatori paganti sono stati 37 mila 632 e 32mila 297 i turisti non paganti grazie al fatto che per disposizione del Ministero, la prima domenica del mese le visite sono gratuite.
In ogni caso l’amministrazione del Castello Ducale ha incassato ben 102 mila euro contro l’incasso lordo di 80 mila euro registrato lo scorso anno.
Il record assoluto di visite risale al 2011: in quell’anno la residenza sabauda (dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’Umanità) fu visitata da 85 mila 340 persone. Negli anni d’oro, in special modo nel 2004, quando il ricordo di Elisa era ancora chiaramente impresso nella memoria e nei cuori di milioni di telespettatori, furono staccati ben 100 mila biglietti in un anno. E con l’incremento dei visitatori, nel 2015 non sono mancati i problemi: la scorsa domenica, a causa dell’ingresso gratuito, numerosi turisti non sono riusciti ad entrare perché la struttura ha chiuso in anticipo rispetto all’orario fissato per over-booking.
Sarebbe opportuno correre per tempo ai ripari, prima che la fortuna torni a passare oltre e trasformi la valorizzazione dei beni culturali canavesani in una dolorosa e ingiustificabile débacle.
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