
Il Canavese ricorda il giudice Falcone: a 33 anni dalla strage di Capaci, la memoria è ancora impegno

Trentatré anni dopo la strage di Capaci, anche il Canavese si è raccolto nel silenzio e nella memoria, unito in un abbraccio virtuale collettivo per ricordare il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Era il 23 maggio 1992 quando la mafia spezzò quelle vite, tentando invano di spegnere anche l’idea di giustizia.
Oggi, quella ferita sanguina ancora. Ma è diventata anche forza, consapevolezza, educazione. Nel Canavese, come in tutta Italia, il 23 maggio è diventato molto più di una data: è un confine tra ciò che si era disposti a tollerare e ciò che non si può più accettare. Una linea che segna il passaggio dalla paura al coraggio, dall’indifferenza alla responsabilità.
Trentatré anni dopo, Giovanni Falcone è ancora vivo. Nelle parole degli studenti, nei silenzi dei genitori, negli occhi lucidi dei sopravvissuti e nella determinazione di chi continua a credere che ogni gesto di giustizia sia un atto d’amore per il futuro.