Ivrea, la senatrice Tiraboschi: “La Resistenza? E’ stata data una lettura prettamente ideologica”

26/04/2018

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera a firma della neo senatrice canavesana Virginia Boschi (ritratta nella fotografia con il vicesindaco di Burolo durante la manifestazione svoltasi a Donato nel Biellese). Nella lettera la parlamentare di centrodestra fa delle amare considerazioni ed evidenzia il fatto di non essere stata invitata alla celebrazione della Liberazione.

“In occasione della Festa della Liberazione, desidero evidenziare il mio dispiacere a dover constatare che, a distanza di 73 anni, il 25 Aprile è una celebrazione che, da un lato, non ha ancora ricomposto il dissidio irrisolto tra fascismo e antifascismo e che, dall’altro, vi è una divisione tra una memoria rossa nostalgica e politicizzata e una memoria più recente impolitica e rassegnata o educata dalla rete, che non conosce i valori di questa festa.

A questo dispiacere ne aggiungo un altro: ascoltare alcuni rappresentanti dei sindacati, carichi di livore verso gli imprenditori, e a cui non riesco ad abituarmi. Così come mi dispiaccio di dover constatare la maleducazione di alcuni rappresentanti delle istituzioni che si dimenticano di formulare un invito, anche solo via mail, a un rappresentante dello Stato sul territorio, solo perché non appartenente allo schieramento politico che tutti gli anni danza lo stesso minuetto, che ha ormai stancato.

Della Resistenza si è data una lettura ideologica, dimenticando che non fu fatta nel 1945 dai partiti, ma dal popolo. Fu fatta dagli uomini e dalle donne che con coraggio, sacrificio e senso di responsabilità volevano riconquistare la libertà, l’unità, la nazione. C’erano partigiani comunisti, socialisti, azionisti, cattolici, liberali, monarchici, civili, ebrei, carabinieri, militari, sacerdoti, suore che, uniti, dissero no ai tedeschi e ai fascisti.

Da socialista della prima repubblica e da forzista dell’attuale legislatura, da un lato, vorrei che tutta la politica si unisse per festeggiare la nostra Italia, imparando dapprima l’inno nazionale (del quale in molti, oggi, a Donato non sapevano le parole e il loro significato) e, dall’altro, ridesse, soprattutto ai giovani (rassegnati, indifferenti e distratti) quei sentimenti di coraggio, speranza e fiducia che avevano animato uomini e donne nel 1945 per liberare la nostra Patria, credendo in un futuro di sviluppo, crescita economica, riscatto sociale, libertà, sicurezza e maggiore giustizia.

Sarà mio compito lavorare a questa manifestazione per il 74° anniversario nel 2019, quando a Donato vorrei portare i valori che animarono gli uomini e le donne nel 1945, guardando però al futuro e provando a interpretare le difficoltà di una crisi gravissima, che con la sua incertezza sta colpendo le giovani generazioni, incuranti dei nostalgici livori tra capitale e lavoro e più attente a voler avere delle risposte per il loro imminente futuro”.

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