23/06/2022

Cronaca

Il Piemonte e il Canavese hanno sete. Dai bacini idroelettrici arriverà l’acqua per l’agricoltura

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I concessionari dei bacini idroelettrici hanno dato alla Regione la disponibilità a rilasciare per l’agricoltura circa 2,5 milioni di metri cubi d’acqua al giorno, come quota massima che consente di non intaccare i contratti delle forniture di energia in essere, avendo essi al momento solo il 50% in media delle normali riserve.
Inoltre, l’incontro tra la Conferenza delle Regioni e il Capo Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, per affrontare il tema dell’emergenza idrica dopo la richiesta dello stato di emergenza per siccità, avanzata dal Piemonte per prima in Italia e seguita da tutte le Regioni del Nord, ha prodotto dei risultati. Il presidente della Regione e gli assessori alla Difesa del Suolo, all’Ambiente e all’Agricoltura comunicano che è stato riconosciuto che il Piemonte, che versa in condizioni difficili soprattutto dal punto di vista idropotabile, ha tutti i requisiti per poter ottenere lo stato di emergenza.

La richiesta è ben composta e darà la possibilità di mettere in campo anche alcune misure derogatorie fondamentali, dal momento che lo status di emergenza da solo non può essere risolutivo. Rappresenta, piuttosto, il primo step del percorso di una programmazione più articolata da parte dei Ministeri, che possa prevedere anche interventi infrastrutturali di urgenza, talvolta già pronti a livello progettuale e che potrebbero beneficiare di deroghe specifiche per una realizzazione immediata.
La Regione procederà perciò ad una ricognizione urgente delle infrastrutture per individuare quelle progettualità che possono essere avviate subito per potenziare e rafforzare la rete idrica e mitigare l’emergenza.

Fermo restando che la priorità va all’uso idropotabile per l’uso umano è altrettanto vero che è importante considerare che certi territori, specie a cavallo tra Piemonte e Lombardia, hanno una particolare specificità agricola e colturale e la gestione delle risorse in maniera oculata per 10-15 giorni può consentire di mitigare il danno e permettere almeno il primo raccolto. Il percorso dello stato di emergenza deve, perciò, essere affiancato da quello relativo alla richiesta dello stato di calamità per l’agricoltura e dovrà contenere le misure di ristoro per le spese sostenute dai Comuni e per quegli interventi in grado di mitigare il fenomeno, fino ai danni dovuti all’uso di autobotti, ma anche per gli interventi infrastrutturali da realizzare rapidamente e che hanno un’efficacia quasi immediata.

Il Capo Dipartimento ha recepito la necessità di inglobare nel ragionamento complessivo anche la specificità di alcune colture, nella consapevolezza che le analisi vanno fatte puntualmente sui territori e non solo in modo generalizzato da Roma. Il caso del riso è, in questo senso, emblematico, dal momento che è idrodipendente e rappresenta la quasi totalità della produzione nazionale.
Ad oggi sono oltre 250 i Comuni piemontesi che hanno emesso o stanno per emanare ordinanze relative all’emergenza idrica e per un uso responsabile dell’acqua: 83 nelle province di Novara e VCO, 9 in quelle di Biella e Vercelli, 93 in provincia di Torino, 9 nel Cuneese e 58 in provincia di Alessandria, mentre non risultano al momento ordinanze sul territorio astigiano.

 

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