Il Parco Nazionale del Gran Paradiso in crisi: il cambiamento climatico minaccia stambecchi e camosci
Il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il più antico d’Italia, sta affrontando una crisi silenziosa che minaccia la biodiversità delle Alpi. Negli anni ’90, il parco ospitava quasi 5.000 stambecchi e 9.000 camosci, simboli di un ecosistema alpino florido. Oggi, però, i numeri sono drasticamente ridotti: circa 3.000 stambecchi e 5.600 camosci. La causa principale? Il cambiamento climatico.
Cambiamento climatico: il nemico invisibile
Le temperature in aumento e l’inverno con scarsa neve stanno alterando l’equilibrio ecologico del parco. Gli stambecchi, pur mostrando segni di stabilizzazione, continuano a lottare per sopravvivere. I cuccioli crescono più deboli, svezzati con un foraggio meno nutriente e troppo fibroso. Le femmine, inoltre, vedono compromessi i cicli riproduttivi a causa delle mutate condizioni climatiche.
Ma la situazione è ancora più critica per i camosci, che affrontano, oltre ai cambiamenti climatici, la competizione con altre specie, come i cervi, e la crescente pressione dei predatori, in particolare i lupi. Bruno Bassano, direttore dell’Ente Parco, sottolinea che “il camoscio è un animale adattabile, ma sta attraversando un periodo molto difficile”.
Nuove sfide per la fauna del Gran Paradiso
I camosci, costretti dalle difficoltà, stanno spostandosi verso quote più alte, dove è più difficile monitorarli. Per fronteggiare questa nuova realtà, il Parco sta sperimentando tecniche di censimento più avanzate per ottenere dati più precisi. Ma anche i lupi, con la loro crescente presenza, giocano un ruolo importante nell’alterare gli equilibri naturali. Attualmente, cinque branchi di lupi popolano il parco, con due o tre esemplari ciascuno, e la loro struttura sociale è ben definita: i giovani adulti vengono allontanati dal branco per evitare un aumento eccessivo della popolazione.
Interventi e prospettive future
Nonostante gli sforzi del personale del Parco per monitorare la situazione, se le popolazioni di stambecchi e camosci dovessero scendere sotto i livelli sostenibili, non si esclude un intervento diretto, con piani di conservazione mirati. Tuttavia, la vera sfida rimane il cambiamento climatico, che non può essere affrontato solo con soluzioni locali.
Focus: lo stambecco delle Alpi, simbolo di resilienza
Lo stambecco delle Alpi (Capra ibex) è uno degli animali più emblematici delle montagne italiane. Un tempo sull’orlo dell’estinzione, grazie a progetti di protezione è tornato a popolarsi nelle Alpi, con il Parco Nazionale del Gran Paradiso come habitat principale. Perfettamente adattato all’ambiente alpino, lo stambecco è diventato un simbolo di forza e resilienza. Tuttavia, il riscaldamento globale sta mettendo a rischio la sua sopravvivenza: la scarsità di acqua e l’aumento delle temperature estive rendono difficile trovare cibo di qualità, mentre la mancanza di neve in inverno contribuisce all’invecchiamento della popolazione.
Fondato nel 1922, il Parco è stato creato proprio per proteggere lo stambecco, che all’epoca era a rischio di estinzione. Oggi, nonostante gli sforzi di conservazione, gli esperti monitorano costantemente le dinamiche della specie e l’impatto del cambiamento climatico. Le soluzioni proposte includono la gestione attiva delle risorse alimentari e la creazione di corridoi ecologici che permettano agli stambecchi di migrare verso aree più favorevoli.
La protezione del futuro
Lo stambecco non è solo un simbolo delle Alpi, ma anche della capacità dell’uomo di correggere i propri errori. Dopo essere stato cacciato fino quasi all’estinzione, è tornato a vivere grazie a un impegno concreto nella sua protezione. Tuttavia, oggi questa protezione deve evolversi. Non basta più salvaguardare il territorio: è necessario adottare soluzioni innovative per combattere il cambiamento climatico e garantire un futuro per la fauna alpina.