
Dazi Usa, incertezza penalizzante per l’agroalimentare anche in Canavese: allarme di Coldiretti
In un momento cruciale per il comparto agricolo torinese, l’incertezza sull’entità e sulla portata dei nuovi dazi statunitensi sul settore agroalimentare rischia di compromettere pesantemente la stagione dei raccolti. Le possibili imposizioni tariffarie preoccupano i produttori di vino, frutta, nocciole, formaggi Dop e carne di Razza piemontese, eccellenze del territorio che guardano agli Stati Uniti come a uno dei principali mercati di sbocco.
«Non sappiamo ancora quali prodotti agricoli beneficeranno dei cosiddetti “dazi zero”, ma già l’accordo sul 15% desta non poche preoccupazioni», commenta il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici. «È un’intesa migliorativa rispetto all’ipotesi iniziale del 30%, che avrebbe comportato danni enormi, ma rimane comunque penalizzante per molte aziende».
L’agricoltura torinese, già duramente colpita dagli effetti del cambiamento climatico – tra eventi meteo estremi, nuovi parassiti e patologie vegetali – si trova ora ad affrontare anche l’instabilità delle politiche commerciali internazionali. A complicare ulteriormente il quadro concorrono fenomeni come il land grabbing legato alla speculazione sul fotovoltaico, il consumo di suolo crescente, la pressione normativa sugli allevamenti e gli attacchi ideologici alla cultura vitivinicola.
«Serve un impegno concreto per compensare i comparti che subiranno i maggiori danni dai dazi, sia a livello europeo sia locale», insiste Mecca Cici. «Non possiamo tollerare che, mentre si afferma a parole la volontà di difendere l’agricoltura, si approvino provvedimenti scollegati dalla realtà del settore, come alcuni piani sulla qualità dell’aria che impongono oneri sproporzionati alle aziende zootecniche».
Il legame tra Torino e il mercato americano è solido e strategico: oltre il 30% dei vini Docg torinesi è destinato agli Stati Uniti. Freisa, Carema ed Erbaluce spumante sono tra le etichette più apprezzate oltreoceano, ma anche i vini eroici del Pinerolese e della Valle di Susa trovano spazio sugli scaffali statunitensi. A questi si aggiungono esportazioni di frutta – in particolare mele, pere e pesche pinerolesi – oltre a prodotti indirettamente coinvolti come le nocciole e il latte destinato all’industria dolciaria.
Secondo Coldiretti, l’export agroalimentare torinese verso gli Usa vale complessivamente circa 300 milioni di euro. A livello regionale, il Piemonte registra una quota del 13% dell’export agroalimentare verso gli Stati Uniti, in crescita del 3,5% nel 2024 per un valore complessivo superiore ai 4,1 miliardi di euro.
«Quello che non dobbiamo assolutamente perdere – sottolinea Carlo Loffreda, direttore di Coldiretti Torino – è la vocazione internazionale dei nostri produttori. È fondamentale che non ci si richiuda su sé stessi, ma si continui a puntare sulla diversificazione dei mercati. Inoltre, la vendita diretta attraverso strumenti innovativi può rappresentare una leva decisiva per la competitività delle nostre aziende agricole. Coldiretti è pronta a supportarle in questo percorso».
In un contesto globale sempre più instabile, la difesa dell’agricoltura torinese passa anche da scelte politiche coerenti e da un rinnovato sostegno alle filiere locali, che continuano a rappresentare una risorsa economica e culturale di primaria importanza per il territorio.