
Dazi USA, Paolo Conta (Confindustria Canavese): “L’Europa reagisca con strategia. Il vero freno è il mercato interno”
“È probabile che la nuova minaccia di dazi al 30% da parte degli Stati Uniti sia una forzatura per accelerare l’accettazione di quelli al 10%, ma questa altalena sta già causando danni concreti all’economia italiana ed europea”. A dirlo è Paolo Conta, presidente di Confindustria Canavese, che analizza la situazione internazionale alla luce dell’ultima stretta annunciata da Washington.
Per Conta, al di là della retorica diplomatica, le trattative commerciali in atto evidenziano una diversa forza contrattuale tra le parti. “La Cina – osserva – tratta con un potere reale, costruito con pazienza strategica negli anni, attraverso il controllo su componenti chiave come le terre rare, gli antibiotici e la componentistica avanzata. L’Europa, invece, ha puntato tutto su logiche di mercato, perdendo leve fondamentali sul piano industriale e strategico. E oggi non è più tempo di rincorrere: serve una risposta immediata e strutturata”.
Il presidente industriale indica due direzioni precise su cui Bruxelles dovrebbe concentrarsi: la prima è la rapida ratifica dell’accordo con il Mercosur, siglato nel 2024, che punta a integrare economicamente un blocco di Paesi con un PIL aggregato di circa 20 trilioni di dollari e una popolazione di oltre 700 milioni di consumatori. “Un’area che, se ben gestita, può diventare un contrappeso credibile agli USA, che restano a quota 27 trilioni e 330 milioni di abitanti”, precisa Conta.
La seconda strada è l’ampliamento dell’orizzonte commerciale verso il mercato asiatico, “che pur con le dovute cautele, rappresenta un’opportunità strategica che non possiamo più permetterci di trascurare”.
Ma l’analisi di Conta tocca anche un tema interno all’Unione Europea. “Secondo il Fondo Monetario Internazionale – spiega – vendere un bene tra due Stati membri comporta, in media, un costo equivalente a una tariffa del 45%, che arriva al 110% nel caso dei servizi. La causa? Differenze normative, burocrazie parallele e trattamenti economici disallineati. Una frammentazione che costa ogni anno all’Europa 45 miliardi di euro. Molto più dei 20 miliardi stimati in caso di dazi americani al 10%”.
La conclusione è chiara: “Non basta tenere i nervi saldi per evitare una guerra commerciale – avverte Conta – bisogna agire in fretta, con lucidità e determinazione. Senza una politica industriale comune, l’Europa resterà spettatrice”.