Ragionare con la pancia significa reagire d’istinto, significa non pensare a quello che si dice o a come mi comporto, insomma quando non mi soffermo a pensare prima di agire. Mi direte che allora si deve ragionare con il cuore, ma come scriveva Blaise Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non capisce”, e ragionare con la testa è sinonimo di freddezza dell’animo. Come si vede in certi momenti della giornata di fronte a delle decisioni importanti, dove non c’è tempo per riflettere è più facile non pensare e agire che pensare. Negli affetti e nelle amicizie, e nel voto capita spesso di agire di pancia per poi rimanere scottati, anche perché a volte ci si butta in qualcosa che, pensandoci bene non avremmo mai fatto. Certo che pensare però, non sempre vuol dire prendere delle giuste decisioni: posso sì pensare e sbagliare comunque. Come detto prima prendere decisioni difficili, e capita a tutti e in vari momenti della nostra vita, i giovani sono più portati a reagire di pancia, perché hanno meno esperienza senza vedere le probabili indecisioni dell’altro o senza riconoscere quando una persona ci dice la verità o no. Ribadisco il concetto: prendere delle decisioni capita a tutti e per tutta la vita, bisogna cercare di pensare a cosa è meglio per me, e quando posso sbilanciarmi senza poi pentirmi di quello che ho fatto.
In America con le elezioni si assistito all’ascesa di Trump che ha fatto da magnete al sordo ribollire della grande scontentezza americana che hanno votato con la pancia appunto. C’è da dire il nomen omen di Trump che in inglese “to turn up trumps, è l’atout della briscola nelle carte. Gli elettori della più grande democrazia del mondo hanno votato un personaggio spietato come i grandi capitalisti di inizio novecento. Persona spregiudicata e aggressiva, senza nessun umano rispetto per le donne e le persone meno fortunate di lui cavalcando la rabbia e lo scontento degli elettori americani, candendo e rialzandosi sempre, scandendo minacce degni di un dittatore da operetta:”La Clinton dovrebbe stare in galera”, oppure procalmi: “Costruirò un muro al confine messicano e saranno i messicani a pagarlo” o carichi di sovversiva seduzione populista: “Non so ancora se riconoscerò il risultato elettorale”.
Insomma, il paradosso è che vantando con puntiglio il suo narcisismo, il suo spregio per le regole, per le donne, per le tasse,Trump ha finito per risultare autentico, e pertanto più onesto della candidata sconfitta in inglese nel linguaggio familiare desueto Trump significa a nche persona retta e onesta. Il problema dopo è da chiedersi cosa resterà di questo crollo delle regole e dei riti della politica negli Usa. Forse è politicamente presto per dirlo come è ancora inutile tentare di immaginare come si rimargineranno le ferite che Trump ha lasciato nel corpo sociale. Ma non è da escludere che la lunga corsa del magnate capitalista newyorkese svaporerà nel ricordo di un anno folle e vissuto pericolosamente. Ma forse è giunta per l’Europa, anzi no noi europei possiamo riprenderci la Storia dopo che dal 1945 viviamo in un protettorato Usa, creare finalmente una Europa di popoli e di nazioni e non di burocrati che spingono anche nel vecchio continente gli elettoiri a votare solo di pancia dei pseudo leader da operetta e non persone con una caratura mentale pratica ma con aperture liberali e consapevolezza europea, doti necessarie per pensare ed agire ad un salto in avanti per l’Europa altrimenti per noi sarà “the trump of doom, scusate il gioco di parole la tromba del Giudizio Universale.
Favria, corteseg@tiscali.it
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