Il progetto di fusione tra RivaBanca e Banca d’Alba è ufficiale. L’ultima parola spetta agli azionisti

06/02/2017

Manca soltanto il placet finale dell’assemblea degli azionisti, che verrà convocata con ogni probabilità nel mese di maggio, ma il matrimonio tra RivaBanca e la Banca d’Alba e del Canavese sta diventando una concreta realtà. La fusione tra i due istituti di credito cooperativo, approvata dal consiglio di amministrazione della banca di credito cooperativo territoriale, non senza una profonda sofferenza e qualche discussione, come ha ammesso il presidente di RivaBanca Giovanni Desiderio è inevitabile. La notizia è stata ufficializzata nel corso di una conferenza stampa che ha avuto luogo nella mattinata di lunedì 6 febbraio, presso la sede dell’istituto e alla quale hanno preso parte anche il nuovo direttore generale Franco Biglino (subentrato a Bernardino Naretto) e il presidente della Banca d’Alba e del Canavese Tino Ernesto Cornaglia. L’incontro con i giornalisti, in sostanza, conferma quanto era già nell’aria. A determinare la fusione, stando a quanto affermato dai due presidenti, è l’autoriforma del credito cooperativo che comporterà nei prossimi anni una drastica diminuzione del numero della banche di credito cooperativo che da 370 passeranno a meno di 100 e che faranno capo a pochissime capigruppo. In definitiva, stando a quanto è emerso, meglio giocare d’anticipo prima che la Banca d’Italia intervenga d’imperio.

Finisce così, dopo appena due anni, l’avventura di RivaBanca, la banca territoriale canavesana che ha ottenuto ottimi risultati ma che sarebbe ancora troppo “piccola” per opporre una resistenza efficace alle mutazioni del panorama creditizio nazionale. Si tratta di una fusione che non snaturerà la missione territoriale che la struttura bancaria locale si era data: la Banca d’Alba manterrà gli attuali livelli occupazionali, garantirà ai soci una presenza solida sul territorio, proporrà una reale possibilità di sviluppo per il territorio grazie a una considerevole possibilità di credito, e offrirà la massima garanzia ai soci sui loro investimenti dato che il valore rimarrà invariato e l’accesso, infine ai numerosi servizi ai soci già esistenti nella Banca d’Alba (come l’assistenza sanitaria, ad esempio) e che RivaBanca, per forza di cose, non può ancora attivare.

“Oggi siamo a un punto di svolta per RivaBanca, la nostra banca. Ci abbiamo creduto il 1.600 canavesani, ma prendiamo atto che il mondo bancario è cambiato. Ad oggi, e per ora, il conto economico di RivaBanca e migliore di quanto previsto dal piano industriale, ma soprattutto per l’evoluzione continua in chiave restrittiva delle regole bancarie dal punto di vista patrimoniale, la situazione può diventare difficile. Un consiglio di amministrazione lungimirante, attento e rigoroso, ha l’onestà intellettuale di ammettere le difficoltà e la lungimiranza necessaria per prevenire danni futuri e il rigore nel difendere i risparmi dei soci ha sottolineato il presidente Giovanni Desiderio -. Un Cda che non vuole “chiudere la stalla quando  buoi sono scappati”, come si è visto far nel mondo bancario troppe volte negli ultimi anni e che sa anticipare le situazioni di stress e garantire che nessuno debba averne danno”.

Sulla stessa lunghezza d’onda è anche il presidente della Banca d’Alba e Canavese Tino Ernesto Cornaglia, che si è detto onorato del fatto che RivaBanca abbia scelto la Banca d’Alba per la fusione: “Intendiamo mantenere le peculiarità legate alla presenza di una banca di credito cooperativo sul territorio: “Lo faremo con la giusta dose di umiltà garantendo agli azionisti e ai clienti la presenza di una realtà bancaria che sa tenere in giusto conto le necessità delle aziende, degli imprenditori e delle famiglie – ha sostenuto -. Con la fusione non cambierà nulla, anzi contiamo di raddoppiare il numero dei correntisti e di garantire una solidità che oggi diventa di fondamentale importanza”.

“Se con la fusione qualcuno potrà pensare che abbiamo fallito l’obiettivo – ha puntualizzato Giovanni Desiderio – posso affermare che non è così: attraverso la creazione di RivaBanca abbiamo invece portato la cultura del credito cooperativo sul territorio”.

E se l’assemblea degli azionisti dovesse opporsi alla fusione? “A questo punto saranno gli azionisti ad assumersi la responsabilità – ha risposto il presidente -,  non certo il sottoscritto o il consiglio di amministrazione. Per senso di responsabilità è meglio oggi rinunciare al campanile ma ribadire il senso di appartenenza al Canavese, essere di riferimento a circa 50mila abitanti e 21 comuni portandolo in contesto più ampio e sicuro ed approfittare del forte concetto di territorialità insito al sistema stesso delle BCC. E’ preferibile progettare una fusione per diventare una banca importante che abbia la potenzialità, anche per il futuro di portare sviluppo”.

Ed infine è stato ribadito il concetto che percorrere strade alternative non avrebbe offerto le medesime garanzie di una fusione. Il dado è tratto. La decisione finale, come prevede lo statuto, spetterà all’assemblea dei soci ma il matrimonio tra i due istituti di credito cooperativo appare quanto mai vicino e concreto.

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