Pont: in 500 alla marcia per il lavoro. Ma sulla Sandretto non tutti i sindacalisti sono d’accordo

28/07/2016

Oltre cinquecento partecipanti alla marcia per il lavoro che ha avuto luogo nel tardo pomeriggio di ieri a Cuorgnè. Una manifestazione promossa dalla Fiom-Cgil che è riferita alla vicenda della Sandretto di Pont Canavese, presidiata dai dipendenti per evitare che vengano smantellati gl’impianti produttivi, ma che assume un significato strettamente più legato alla grave situazione economica che nell’ultimo decennio ha pesantemente colpito il comparto metalmeccanico. Al corteo, oltre alle Rsu e ai vertici della Fiom-Cgil, ai 127 lavoratori che rischiano ndi perdere il posto e alle famiglie, ai tanti cittadini, hanno preso parte anche alcuni sindaci (molti meno di quanto ci sarebbe aspettato) e l’assessore regionale al lavoro Gianna Pentenero.

La marcia è partita dalla località Pedaggio di Cuorgnè e ha raggiunto lo stabiklimenti di Pont Canavese. Oltre ai primi cittadini erano anche assenti gli esponenti della Fim-Cisl e della Uilm-Uil, due organizzazioni sindacali che in quella fabbrica non sono rappresentate e che, per tale ragione, non hanno preso parte all’incontro che si è svolto nei giorni scorsi in regione. Il piano industriale presentato dall’azienda si è rivelato contradditorio, per stessa ammissione dell’assessore regionale al lavoro che definisce inaccettabile l’atteggiamento assunto dai vertici della società.

Sulla vicenda le opinioni sindacali sono discordanti: se la Fiom-Cgil ritiene che la mobilitazione e il presidio a oltranza costituiscano una condizione essenziale per fare in modo che la società mantenga gl’impegni assunti tempo addietro, Alberto Mancino della Uilm-Uil si è fatta una sua idea: la società negli ultimi decenni ha subìto sostanziali e radicali cambiamenti, che possono essere o meno condivisibili, ma che costituiscono una realtà inoppugnabile. Da Paese fortemente industrializzato che poteva contare su circa 8 milioni di lavoratori metalmeccanici, oggi l’Italia è essenzialmente divenuto un Paese di servizi, dove il comparto industriale e manifatturiero riveste un’importanza decisamente più marginale rispetto al passato.

A giudizio di Alberto Mancino non è più il tempo del muro contro muro e delle mobilitazioni: molto meglio, in un’ottica di fattivo confronto, trovare un dialogo che porti a un accordo soddisfacente per entrambe le parti in causa. Sono ormai trascorsi i tempi, spiega, in cui, grazie alla mobilitazione di milioni di dipendenti, il sindacato poteva contare, su un innegabile e decisivo potere contrattuale. “Oggi le cose sono radicalmente cambiate . sottolinea -. Un imprenditore può tranquillamente cessare l’attività produttiva e riprenderla, come è successo in tanti casi, in Paesi dove la pressione fiscale e il costo del lavoro sono decisamente inferiori. E’ questione di approccio di fronte ai problemi. Con tutto il rispetto per i colleghi della Fiom-Cgil, personalmente non condivido le modalità di gestione della contrattazione. Ma, ripeto, si tratta di un’opinione strettamente personale, anche se sottolineo che la situazione in cui versa la Sandretto, mi preoccupa non poco”.

Decisamente più sfumata e cauta la l’opinione espressa da Domenico Lo Bianco, segretario della Cisl Torino-Canavese: “Seguiamo con preoccupazione la vicenda della Sandretto e della sorte dei 127 dipendenti”. Punto. La Fiom è decisa a tutto, anche a fare barricate per impedire che l’azienda svuoti i capannoni come si sospetta. Domani, 29 luglio, avrà luogo un altro incontro in Regione e non è escluso che emergano importanti novità.

(Immagine di repertorio)

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