
Mensa scolastica a Chivasso, la consigliera d’opposizione Clara Marta: “Se i genitori con il Rolex, non pagano il servizio portino i figli a casa”
«Sì alla linea dura. Se i genitori con il Rolex d’oro possono permettersi di pagare il servizio mensa e non lo fanno, devono assumersi le proprie responsabilità. In quel caso che si portino i figli a casa». Con queste parole la consigliera di opposizione Clara Marta (Forza Italia) ha commentato la parziale retromarcia della Giunta Castello sulla gestione della mensa scolastica, riaccendendo lo scontro politico e cittadino. Pugno di ferro nei confronti di coloro che possono pagare il servizio mensa e da anni non lo fanno. Diverso il discorso ovviamente per le famiglie che possono dimostrare di non poter far economicamente sostenere il costo del servizio mensa e per i quali sarà necessario individuare le opportune agevolazioni.
Dopo settimane di polemiche e proteste delle famiglie, l’amministrazione comunale ha annunciato che gli alunni i cui genitori non sono in regola con i pagamenti potranno comunque restare in mensa portando un pasto da casa. Un panino, una schiscetta o un piatto freddo nello zaino, in modo da garantire a tutti i bambini il diritto a sedere a tavola con i compagni.
La vicenda nasce lo scorso mese di febbraio, quando la maggioranza di centrosinistra – Partito Democratico, Sinistra Ecologista e Noi per Chivasso – aveva approvato un regolamento che escludeva dalla mensa gli alunni con debiti pregressi. Una scelta motivata dal peso dei crediti non riscossi: circa 800mila euro in sette anni, oltre 100mila solo nell’anno scolastico 2023/24. «Non intendiamo colpire le famiglie fragili – era stata la linea della Giunta – ma i furbetti: il 60% dei morosi appartiene alle fasce contributive più alte».
La decisione aveva suscitato reazioni durissime da parte di opposizioni, sindacati e genitori, con critiche giunte anche dal Pd regionale. Di fronte al crescendo delle proteste, l’8 settembre il Comune ha diffuso un comunicato ufficiale che introduce la possibilità del pasto domestico, soluzione avallata dal SIAN (Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione). Fino al 30 settembre tutti i bambini riceveranno i pasti della ditta Vivenda; dal 1° ottobre se i genitori inadempienti non avranno saldato i debiti arretrati, gli alunni potranno consumare un pranzo preparato a casa all’interno del refettorio, in attesa di nuove regole da parte dei Consigli di Istituto.
«Non è una marcia indietro, ma un aggiustamento – ha spiegato l’assessore all’Istruzione Gianluca Vitale –. I bambini non devono pagare per le mancanze dei genitori. Allo stesso tempo, i debiti accumulati sono enormi e dobbiamo affrontarli. È necessario responsabilizzare le famiglie senza escludere i più piccoli».
La misura evita formalmente l’emarginazione degli alunni, ma apre a nuove incognite: dalla qualità nutrizionale dei pasti portati da casa al rischio di disparità con i compagni che continueranno a ricevere pietanze calde. Resta comunque il nodo principale: recuperare gli 800mila euro senza scaricare il peso della vicenda sui bambini. E ancora: c’è poi da considerare il fatto che le regole dell’Asl T04 sulle intolleranze alimentari non permettono di condividere il pasto tra i commensali.
“Ma il pranzo a scuola non è solo ‘mangiare’: è un momento educativo, che insegna abitudini, rispetto e convivialità – spiega Clara Marta -. Ogni piatto che arriva in mensa è il risultato di un lungo lavoro – commissioni, riunioni, scelte sugli equilibri alimentari – e rappresenta un costo che ricade su tutte le famiglie. Famiglie che, purtroppo, a volte faticano persino a garantire una cena la sera. E non dimentichiamo le insegnanti: già oggi devono dividersi tra mille compiti, e presto si troveranno a dover gestire bambini con esigenze diverse, in ambienti che rischiano di diventare separati. Una sfida educativa ed umana che chiede rispetto e sostegno, non ulteriori complicazioni”.
“Questa vicenda ricorda molto da vicino quella della morosità colpevoli dell’Atc, la vicenda riferita a chi non pagava l’affitto delle case popolare assegnate – conclude la consigliera comunale di minoranza Clara Marta -. Quel che mi stupisce è che il fenomeno delle rette delle mense non pagate perdura da oltre un decennio, un arco temporale in cui il centrosinistra ha amministrato la città. E’ curioso che la vicenda sia venuta a galla negli ultimi mesi. Una vicenda che andrà gestita nel migliore dei modi per recuperare l’evasione e colpire chi ha un reddito di 4-5 mila euro al mese e non paga il pasto scolastico ai propri figli”.