
Chivasso, tensione per l’aumento della Tari: dopo le proteste in Consiglio, minacce al figlio di un assessore

Le polemiche sull’aumento della tassa rifiuti a Chivasso sfociano in un episodio che definire inquietante è un eufemismo. Dopo le proteste scoppiate durante l’ultima seduta del consiglio comunale, in cui numerosi commercianti hanno contestato a gran voce la maggioranza per l’incremento della Tari, si registra un grave fatto di intimidazione.
Nei giorni successivi al consiglio, il figlio di un assessore è stato avvicinato per strada e minacciato pesantemente. “Sei il figlio di uno di quelli che hanno aumentato la Tari!”, gli avrebbe urlato un uomo, secondo quanto riportato. Un gesto che alza il livello di allarme sul clima che si respira in città attorno a una questione complessa e spesso strumentalizzata.
A condannare con fermezza l’accaduto sono i gruppi consiliari di maggioranza – Partito Democratico, Noi per Chivasso, Sinistra Ecologista Chivasso e Chivasso in Movimento – che parlano apertamente di “velenosi frutti” generati dalla “demagogia sparsa a piene mani da alcuni consiglieri comunali di minoranza e amplificata a dismisura sui social”.
Nella nota diffusa alla stampa, i rappresentanti delle forze di maggioranza ricordano come l’aumento della Tari non sia frutto di una decisione arbitraria dell’amministrazione, bensì un atto quasi obbligato. “L’incremento tariffario – si legge – è stato stabilito da ARERA, l’Autorità nazionale per l’energia, l’ambiente e i rifiuti, ed è applicabile a tutti i Comuni del bacino territoriale. Ai Comuni resta solo una limitata autonomia di gestione”.
Nel frattempo, si esprime “totale solidarietà” al ragazzo oggetto delle minacce e alla sua famiglia. Ma il messaggio politico è chiaro: “Chi fa politica mettendo al primo posto il populismo e la propaganda, ignora volutamente i dati e le responsabilità reali. È ora che il confronto politico torni nei limiti del rispetto e della verità”.
Un appello, quello della maggioranza, che suona come un invito ad abbassare i toni, prima che il dissenso legittimo degeneri in episodi che nulla hanno a che fare con la democrazia e un corretto, anche se acceso, confronto politico.