
Balangero, violenta rissa tra venti giovani: il sindaco Franco Romeo lancia l’allarme sul disagio giovanile
Una rissa tra due gruppi di ragazzi, una ventina in tutto, ha scosso Balangero la scorsa settimana. Una lite nata per motivi ancora poco chiari, degenerata in violenza fisica con alcuni feriti e contusi, fortunatamente non gravi. Ma l’episodio, più che per le conseguenze immediate, preoccupa per ciò che rivela: un disagio giovanile crescente che non può più essere ignorato.
Secondo le prime ricostruzioni, due gruppi contrapposti – composti in gran parte da minorenni provenienti anche dai paesi vicini – si sono affrontati in strada dopo giorni di tensioni. In pochi minuti, la calma del centro si è trasformata in caos: urla, spintoni, pugni. Quando tutto è finito, restavano feriti, paura e molte domande.
Il sindaco di Balangero, Franco Romeo, ha espresso profonda preoccupazione: «Sono molto dispiaciuto per l’accaduto. È lo specchio di un disagio emergente che deve obbligare tutti noi a riflettere».
Un invito a guardare oltre la cronaca nera e ad assumersi una responsabilità collettiva. Perché non basta condannare un episodio: bisogna capirne le cause.
Dietro quelle mani che si alzano, spiega il primo cittadino, ci sono fragilità relazionali, isolamento, uso distorto dei social e mancanza di spazi di ascolto. Le tensioni spesso nascono online, covano per settimane dietro chat e commenti, e poi esplodono in piazza.
Balangero, in questo senso, diventa lo specchio di un malessere diffuso: ragazzi che non trovano luoghi, fisici o simbolici, dove essere ascoltati.
Romeo invita a una risposta culturale, non punitiva: «Serve una riflessione che coinvolga istituzioni, famiglie, scuole e associazioni. Solo unendo le forze si può costruire un sistema capace di prevenire e comprendere, non solo reprimere».
Perché, dopo una rissa, la tentazione è archiviare, dimenticare, voltare pagina. Ma le domande restano: come si arriva a tanto? Chi ascolta il disagio prima che esploda?
Dietro i referti medici ci sono le ferite di una comunità disorientata, che fatica a interpretare il linguaggio dei propri adolescenti. E se la violenza diventa l’unico modo per essere visti, forse è il segno più chiaro che qualcosa – nel rapporto tra adulti e giovani – si è spezzato.