26/09/2016
Cronaca
Volpiano: la banda degli albanesi usava un’App per controllare droga e prostitute. Dieci in manette
Volpiano
/La tecnologia rende la vita e il lavoro più facili. Anche ai “protettori” delle prostitute e ai coltivatori di marijuana. Il mercato offre applicazioni per tutte le necessità. E, anche in questo caso, le donne sfruttate erano controllate dall’organizzazione criminale tramite un’app installata nello smartphone. I proventi dell’attività svolta forzatamente dalle sette donne, provenienti dall’Albania e dalla Grecia, 300 euro al giorno, venivano reinvestiti nella produzione industriale di marijuana. Un’attività che fruttava ai malviventi milioni di euro. Dopo oltre un anno di indagini, i carabinieri della Compagnia Oltredora di Torino, hanno arrestato dieci persone di origine albanese con l’accusa di reclutamento, sfruttamento e induzione alla prostituzione, porto abusivo di armi, usura, lesioni aggravate, estorsione e produzione di droga.
La banda criminale albanese costringeva le donne a prostituirsi a Volpiano e Cuneo e utilizzava le relazioni sentimentali di “comodo” che i alcuni clienti instauravano con le prostitute (che erano completamente succubi dei malviventi), per ricattarli minacciando di rivelare tutto alle famiglie. L’App serviva per tenere sotto controllo tutti gli spostamenti delle donne in modo da poter “agganciare” con più facilità i clienti da vessare. Le indagini condotte dai carabinieri sono iniziate nel mese di agosto del 2015 in seguito ad alcune aggressioni ed esplosioni di arma da fuoco che si erano verificate, ai danni di alcune prostitute nigeriane, tra corso Giulio Cesare e via Ala di Stura. Lo scopo? Quello di affermare il predominio nella zona della banda che non tollerava la presenza di altre prostitute che non fossero le proprie.
Nell’arco di quale mese i carabinieri hanno scoperto tre vaste piantagioni di marijuana per un totale di 4mila piante a Corio Canavese, a Mortara in provincia di Pavia e ad Abbiategrasso (Mi). I militari hanno anche ritrovato e sequestrato tutta l’attrezzatura usata per pesare e confezionare le dosi di “erba”. Il gruppo criminale era ben organizzato e poteva contare sulla presenza (ritenuta predominante dagli investigatori) di un “botanico” di soli 22 anni, considerato un vero e proprio esperto nella coltivazione della canapa indiana: a lui spettava il compito di individuare le aree da disboscare e vicine a corsi d’acqua che venivano in seguito deviati per irrigare le preziose e redditizie piante.
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