
Popillia japonica, l’invasione silenziosa che devasta il Canavese. L’allarme: “Siamo sotto attacco”
Frutteti divorati, vigneti a brandelli, orti spogliati nel giro di pochi giorni. Il Canavese è sotto assedio da parte della Popillia Japonica, un insetto vorace che sta trasformando intere aree verdi in paesaggi spettrali. A lanciare l’allarme, con toni netti, è il sindaco di Borgofranco d’Ivrea, Fausto Francisca: «Siamo sotto attacco. Questo parassita sta devastando tutto ciò che trova sul suo cammino. Serve una reazione immediata e condivisa».
Il flagello non è nuovo, ma la portata dell’infestazione 2025 sta raggiungendo livelli mai visti prima nella zona. La Popillia japonica – lo “scarabeo giapponese” – non risparmia nulla: alberi da frutto, vite, noccioli, ortaggi, mais, soia, persino rose e glicini. Con la sua marcia inarrestabile, l’insetto sta infliggendo danni gravi all’agricoltura e al paesaggio locale, mettendo a rischio anche la sostenibilità economica di numerose aziende.
La Regione corre ai ripari, ma serve l’aiuto di tutti
A confermare la gravità della situazione è anche l’assessorato regionale all’Agricoltura. «Il fenomeno è ormai fuori controllo in molte aree», ha ammesso l’assessore Paolo Bongiovanni, annunciando un bando da 2 milioni di euro per il contenimento del coleottero. «È una battaglia che dobbiamo combattere insieme, istituzioni, agricoltori e cittadini».
Il Comune di Tavagnasco ha già pubblicato online l’aggiornamento del piano regionale d’azione 2025, con le prime indicazioni operative. Nei prossimi giorni, ha anticipato Francisca, partirà una campagna di sensibilizzazione sul territorio, per coinvolgere direttamente la popolazione nella lotta al parassita.
Un parassita inarrestabile (per ora)
Arrivata in Italia nel 2014, la Popillia japonica si è diffusa in modo esponenziale, colonizzando vaste aree del Nord Italia – dal Parco del Ticino fino alle vallate alpine – con una progressione di circa 10 km all’anno. Le cause? L’assenza di nemici naturali, un clima sempre più favorevole e la varietà delle piante ospiti.
Il rischio oggi è concreto: se non si agisce in fretta e con decisione, l’insetto potrebbe compromettere interi cicli agricoli e mettere in ginocchio la produzione agroalimentare di interi territori. «Serve una mobilitazione collettiva», ribadisce Francisca. «La posta in gioco non è solo la bellezza dei nostri paesaggi, ma il futuro stesso della nostra agricoltura».