27/06/2023

Cronaca

Nuovo ospedale di Ivrea, Coldiretti Torino: “No all’area di Pavone, no al sacrificio di terreni agricoli”

Ivrea

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Nuovo ospedale di Ivrea, Coldiretti Torino: “No all’area di Pavone, no al sacrificio di terreni agricoli”

“Non ha senso consumare prezioso suolo agricolo in zona a rischio idraulico quando c’è un’area industriale dismessa dalle dimensioni adatte a ospitare il nuovo ospedale di Ivrea”. Mentre si avvicina la decisione della Regione Coldiretti Torino, con il presidente Bruno Mecca Cici, ribadisce la ferma posizione contro lo spreco dei terreni agricoli nella zona del casello autostradale di Pavone (conosciuta come “area Ribes”) per costruire il nuovo nosocomio eporediese. L’alternativa che viene considerata dalla stessa Regione è l’area ex Montefibre, alla periferia di Ivrea, sulla circonvallazione di San Bernardo, che, per essere raggiunta, non necessita di nuove linee di trasporto locale e che dispone di zone per ampi parcheggi. Un’area vuota in una zona già punto di riferimento dei cittadini di Ivrea e del territorio dove esistono già servizi per la salute e servizi per la città.

Coldiretti Torino sottolinea che l’area ex Montefibre è anche la più gradita dai rappresentanti dei sindaci dell’Asl T04. “Non si può nemmeno ignorare che la rappresentanza dei sindaci dell’Asl si è espressa a favore del riutilizzo dell’ex area Montefibre di Ivrea e contro l’occupazione dei terreni fertili di Pavone”.

Le famiglie degli agricoltori di tutto il Canavese, dalla valle della Dora alla valle Orco, passando per l’Eporediese, sono tra i cittadini che potranno fruire di un ospedale moderno e funzionale realizzato in un’area raggiungibile con la massima celerità. Ma sono anche i primi a sapere quanto sia importante combattere il consumo di suolo.

“Per questo siamo contrari a una scelta, come quella di Pavone, che comprometterebbe 44.000 m2 di campi coltivati per realizzare un ospedale in una zona non servita, isolata rispetto al contesto urbano e soprattutto a rischio idraulico, aspetto che, già da solo, ricordando la tragica alluvione del 2000, dovrebbe bastare per escluderla. Così, sarebbe paradossale che, in presenza di un’area idonea servita e che non compromette suolo agricolo si volesse sacrificare una zona che richiede costi aggiuntivi per difese idrauliche e per dotazione di servizi”.

 

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