
Strage di Rivarolo: Tarabella interrogato dai magistrati che cercano di far luce sull’efferato delitto

La solitudine, l’impegno per il figlio disabile, il forte senso di abbandono provato, la malattia della moglie e l’avvento della pandemia che di fatto avrebbero peggiorato le cose: si basa su queste motivazioni la difesa di Renzo Tarabella, il pensionato ottantatreenne accusato di aver ucciso a colpi di pistola, lo scorso 10 aprile, a Rivarolo Canavese, il figlio Wilson, la moglie Maria Grazia, e i vicini e proprietari di casa Osvaldo e Liliana Dighera. Il pluriomicida, assistito dall’avvocato Flavia Pivano, ha risposto per due ore alle domande poste dal Pm Lea Lamonaca e dal giudice per le indagini preliminari Ombretta Vanini durante l’interrogatorio di garanzia.
Il pensionato, che dopo l’eccidio ha tentato il suicidio senza riuscirci, si trova nel reparto detenuti dell’ospedale Molinette di Torino. L’avvocato difensore ha preannunciato che chiederà una perizia psichiatrica per il suo assistito. È poi sarebbe emerso che il rancore che nutriva nei confronti dei coniugi Dighera era dovuto al fatto che negli ultimi tra anni lo avrebbero abbandonato nelle cure per il figlio disabile psichico Wilson.
Un racconto ancora pieno di ombre e luci. Ombre che saranno inquirenti e investigatori a dissipare per fare luci su uno dei più efferati delitti che Rivarolo Canavese ricordi. I legali della famiglia Dighera, Sergio Bersano e Antonella D’Amato hanno dichiarato di riporre la loro totale fiducia nell’operato della magistratura. Ma nel contempo si chiedono: “Questa strage poteva essere evitata?”